L'analisi dell'evoluzione della narrazione e delle decisioni politiche mostra una graduale ma inesorabile accettazione di una realtà bellica sempre più intensa. Inizialmente, i leader occidentali, tra cui Joe Biden e Boris Johnson, hanno assicurato che l'intento era puramente difensivo, per proteggere l'Ucraina dall'aggressione russa. Tuttavia, col passare del tempo, le dichiarazioni e le azioni hanno rivelato un cambio di rotta, culminato nell'invio di armamenti sempre più avanzati e nel dibattito sull'eventuale dispiegamento di truppe occidentali.
Parallelamente, la crisi ha generato benefici economici inaspettati per alcuni Paesi, come la Norvegia, che ha visto aumentare la propria importanza nello scacchiere energetico europeo a discapito della Russia, dimostrando come gli interessi economici possano influenzare profondamente le politiche di sicurezza e difesa. Allo stesso tempo, la narrativa bellicista ha trovato terreno fertile in un contesto mediatico saturato di informazioni non sempre verificate, contribuendo a creare un clima di accettazione verso l'escalation del conflitto.
Questo lento processo di abituazione alla guerra, alimentato da dichiarazioni politiche, cambiamenti strategici sotto il profilo militare e interessi economici, solleva interrogativi profondi sulla capacità delle società occidentali di riconoscere e reagire alle minacce alla pace e alla sicurezza in maniera tempestiva. Riflettendo sulla metafora della rana bollita, emerge la necessità di una maggiore vigilanza e di un dibattito pubblico più attento e critico riguardo le decisioni che possono condurre, quasi impercettibilmente, verso un baratro irreversibile.