Man mano che il tempo passa la società acquisisce consapevolezza dei propri disagi e propone tramite la politica le relative soluzioni discutibili o meno. Purtroppo queste soluzioni spesso non apportano libertà, ma divieti. Costruire un qualcosa di nuovo, risolutivo ed efficace è molto più complesso che proporre un divieto. Facciamo un esempio: alla fine degli anni cinquanta, seguendo la scia del perbenismo democristiano pensarono bene di risolvere la questione della prostituzione con una legge che impose la chiusura delle case di tolleranza. Tutte le prostitute, da allora, sono in mezzo di strada ed il problema della prostituzione non è stato mai risolto.
Pensiamo al codice della strada che nel corso degli anni si è modificato a tal punto da bandire quasi completamente l'assunzione di alcool alla guida, pensiamo a tutta la normativa contro il fumo che impone divieti persino all'aperto. Ogni giorno un divieto, senza pensare a tutto ciò che é proibito e che non conosciamo. Una società senza divieti non avrebbe vita facile è vero, ma se i divieti cominciano a diventare assurdi ed adottati al solo scopo di recuperare proventi dalle sanzioni, chiaramente il discorso cambia.
Sappiamo benissimo, per fare un'altro esempio, che fumare è dannoso alla salute e che le campagne contro il fumo sono un progetto importante per sensibilizzare coloro che sono avvezzi al tabacco, ma il rispetto della libertà individuale deve essere una garanzia per tutti. Ogni rischio che corriamo nel nostro vivere quotidiano fa parte della libera scelta di ognuno di noi, quando tale scelta non è nociva per gli altri. Togliere la possibilità di fumare una sigaretta all'aperto non risolve niente in quanto il danno è per chi fuma e non per chi vi sta accanto, quindi il solo scopo del divieto è generare contesti nei quali una persona può essere sanzionata, alimentando così gli introiti istituzionali. Queste misure non possono determinare il successo di una campagna di sensibilizzazione in quanto il fumatore, evitato il luogo del divieto, va a fumare altrove.
Anche un bicchiere di vino non può compromettere l'attenzione alla guida, ma spesso è sufficiente per un ritiro della patente e per classificare il conducente come un ubriaco agli occhi del mondo. La trafila burocratica per ripristinare tutte le necessarie autorizzazioni per tornare tranquillamente alla guida coinvolge persino uno psicologo, come se bere un bicchiere di Chianti in un paese produttore e esportatore di vino in tutto il mondo, debba essere materia per strizza cervelli.
Altro divieto, penale tra l'altro, è il consumo di cannabis ritenuta medicamentosa da diverse ricerche scientifiche e generalmente innocua sotto l'aspetto tossico.
Per concludere è importante sottolineare che il proibizionismo è una misura che non ha mai funzionato, va contro ogni principio di sensibilizzazione, crea astio verso quelle istituzioni da dove spesso traspare l'ipocrisia di chi abusa e legifera contemporaneamente.
Sino a che i cittadini verranno costretti ad assurdi divieti, il messaggio di sensibilizzazione non sarà mai efficace. Per altre circostanze, però, vale la pena ribadire l'importanza di ogni altro ragionevole divieto.
Stefano Terraglia